"SI FA COSì" E' SPECISTA

13/03/2025

"Si fa così": una frase specista da superare

 

La natura ci insegna che coesistono competizione e cooperazione, conflitto e tregua.

 

Gli assolutismi, tipici del pensiero umano, sono estranei alla complessità del mondo animale e vivente in generale. Ogni essere è il risultato di un intricato intreccio di variabili, e la specializzazione non deve essere confusa con l'assolutismo. Un koala che si nutre esclusivamente di bambù o un animale che difende il proprio territorio non sono assolutisti, ma seguono la loro natura e le proprie esigenze personali e particolari.

 

Le parole definiscono le azioni, e l'assolutismo implica un unico modo di essere o di fare, negando la biodiversità e l'essenza stessa dell'antispecismo: il riconoscimento dell'unicità e del diritto alla vita di ogni individuo.

 

La cultura in cui viviamo permea il nostro pensiero, portandoci spesso a sentenziare "si fa così", imponendo rigide dicotomie: tutto o niente, dentro o fuori, empatico o insensibile, forte o debole.

 

"Si fa così": un'imposizione di potere da smascherare

 

L'espressione "si fa così" non è mai neutra.

 

Dietro la sua apparente semplicità, si celano logiche di utilità e potere che dobbiamo mettere in discussione.

Dovremmo chiederci: chi ha stabilito queste regole? Con quali motivazioni e obiettivi? E soprattutto, cosa impedisce un cambiamento?

 

Questa frase, apparentemente innocua, diventa un'arma per mantenere lo status quo, per preservare privilegi e interessi. Interrogare le sue origini significa smantellare un sistema di dominio, svelare le dinamiche che lo alimentano e aprire la strada a nuove possibilità.

 

Il cambiamento richiede coraggio e consapevolezza. E riguarda ogni elemento sociale, ogni atteggiamento, perché non cambiare mantiene una stessa mentalità che ricade su tutte/i e tutto.

 

E' importante iniziare a rifiutare l'idea che esista un unico modo di fare le cose, abbracciando la diversità e la pluralità di prospettive.

 

Solo così potremo costruire un mondo più giusto e inclusivo, dove il "si fa così" lascerà il posto a un "come possiamo fare meglio?"

 

Non dimentichiamo che le esperienze, tutte le esperienze, ci plasmano. Osservando la natura, umana e animale, comprendiamo che ogni percorso è unico.

 

Se qualcuno non cambia immediatamente, ha bisogno di tempo. Chi siamo noi per giudicare ciò che è giusto o sbagliato per lui? Possiamo dare l'esempio, condividere conoscenze, ma non sentenziare sulla sua strada.

 

Se qualcuno ha necessità diverse dalle nostre, cosa ci autorizza a negargliele?

 

Esiste una realtà più grande, al di là del nostro controllo, che guida gli eventi. Anche le esperienze più dolorose possono generare consapevolezze profonde.

 

Certo, un mondo armonioso è un ideale, ma dobbiamo riconoscere la complessità dei fattori in gioco.

 

Siamo tutti parte di compromessi; la chiave è comprenderne le ragioni per poter agire.

 

La verità è soggettiva. L'ascolto e la condivisione, al contrario dell'assoluto "si fa così" o del presuntuoso "ho ragione io", sono atteggiamenti profondamente antispecisti.

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